Le Terme Centrali di Pompei

Le Terme Centrali di Pompei, situate all’incrocio tra via di Nola e via Stabiana, occupano un intero isolato corrispondente all’insula 4 della Regio IX. Questo spazio venne recuperato e trasformato per ospitare il grande complesso termale, dopo che le costruzioni preesistenti, probabilmente danneggiate dal terremoto del 62 d.C., furono demolite. Tuttavia, al momento della drammatica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., i lavori di costruzione non erano ancora stati completati. Il progetto era ispirato alle magnifiche terme imperiali di Roma, con l’obiettivo di portare a Pompei uno spazio che incarnasse la modernità e il lusso della capitale dell’Impero. Le ampie sale illuminate da grandi finestre, le vasche rivestite di marmo e i vasti porticati testimoniavano l’ambizioso intento di creare un edificio di straordinaria raffinatezza.
Sebbene le colonne destinate alla palestra non fossero state ancora erette al momento dell’eruzione, oggi è possibile ammirarne alcune proprio nell’area destinata alle attività ginniche. L’accesso al complesso era garantito da due ingressi principali: uno a nord, lungo via di Nola, e l’altro a ovest, su via di Stabiana. La parte occidentale ospitava una grande palestra, mentre la sezione orientale comprendeva i locali termali, preceduti da un edificio destinato ad attività commerciali. Da qui si accedeva allo spogliatoio, al tepidario, al laconico e al calidario, ambienti che risultavano molto più ampi e luminosi rispetto a quelli delle altre terme presenti a Pompei. A differenza di altri stabilimenti termali, le Terme Centrali non prevedevano una separazione fisica tra le sezioni maschili e femminili; si suppone quindi che fossero adottate fasce orarie differenziate per uomini e donne. Per fare spazio a questo imponente complesso furono abbattute diverse abitazioni. Durante i lavori di restauro e consolidamento del Grande Progetto Pompei, sono stati rinvenuti mosaici pavimentali che appartenevano alle precedenti dimore private demolite e che oggi possono essere osservati nell’ampia palestra. Nel corso di questi interventi, nell’aprile del 2018, è avvenuto un ritrovamento straordinario: lo scheletro di un bambino di circa 7-8 anni. La scoperta, oltre a essere del tutto inaspettata, si è rivelata particolarmente significativa per la sua collocazione insolita rispetto alla stratigrafia vulcanica del 79 d.C. Lo scheletro è emerso durante la pulizia di un ambiente di ingresso: sotto uno strato di circa 10 centimetri di detriti è stato rinvenuto prima il piccolo cranio, seguito poi dalle ossa raccolte in una posizione che ha permesso di ipotizzare l’età del bambino. Si ritiene che il fanciullo, probabilmente in fuga durante l’eruzione, abbia cercato rifugio nelle Terme Centrali. Una particolarità del ritrovamento è data dal fatto che lo scheletro era immerso nel flusso piroclastico, un mix di gas e materiali vulcanici, anziché essere ricoperto dai lapilli che solitamente caratterizzano gli strati inferiori della stratigrafia dell’eruzione. Questo indica che il luogo era un ambiente chiuso, in cui i lapilli non riuscirono a penetrare né a causare il crollo dei tetti, mentre il flusso piroclastico entrò dalle finestre durante la fase finale dell’eruzione. Probabilmente, il corpo era già stato individuato durante gli scavi del 1877-1878, ma non venne approfondito, forse a causa dell’impossibilità di realizzare un calco nello strato vulcanico che lo ricopriva. Oggi lo scheletro è conservato presso il Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco Archeologico di Pompei, dove è stato sottoposto a indagini antropologiche. Tuttavia, per preservare la memoria del ritrovamento, la direzione del Parco ha deciso di collocare un calco dello scheletro nel punto esatto della scoperta, rendendo omaggio alla storia di questo luogo e alla tragica vicenda del giovane rifugiato.

A cura di Isacco Di Maio

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