
Gabriele Longobardi nacque a Castellammare di Stabia nell’anno 1664. La famiglia Longobardi di Castellammare “vuolsi che tragga origine dagli stessi Longobardi”, (La nobiltà nel Regno delle due Sicilie, 1869) famiglia antica, si legge di un Andreas Longobardus morto nel 1314 su una lapide nella Concattredrale stabiese. Gabriele Longobardi fu l’artefice di una cura della malaria basata sull’estratto di una corteccia di un albero “che nasce nel Regno del Perù in una certa sua provincia detta Quito”. Questa terapia già utilizzata in quelle regioni venne da lui studiata e modificata con varianti ed aggiunte e poi pubblicata a Venezia dopo la sua morte nel 1764 sul “Della febbre- Trattato medico anatomico teoretico sulle Febbri… con in fine un discorso sulla china china del Dr. Gabriele Longobardi…” del conte Antonio Michieli di Udine. Il suo elaborato partiva dalla descrizione della pianta, molto somigliante al ciliegio, con foglie simili all’albero delle prugne e che produce fiori analoghi al melograno. La sua corteccia era nota agli americani già da molto tempo ma per l’odio che nutrivano per gli europei e per gli spagnoli in particolare, come lui stesso scrive, fu sempre adoperata in gran segreto. Solo nel 1640 quando la Vice regina moglie del Conte di Chinchion allora Viceré del Perù cadde in un forte stato febbrile senza alcun rimedio, il Governatore della Provincia di Quito inviò come cura la corteccia polverizzata di quest’albero spiegando come somministrarla. Pochi giorni di cura sortirono un effetto “miracoloso”. Quest’episodio suscitò molto scalpore tanto che il Viceré di ritorno in Spagna ne portò con sé una gran quantità. Successivamente dalla Spagna il cardinale Juan de Lugo y de Quiroga, ne portò parte a Roma dispensandola ai Gesuiti, questi riuscirono a curare e ridurre moltissime febbri tanto da esser chiamata “la polvere dei Gesuiti”. La dissertazione del dottor Longobardi si conclude con un attestato di stima al Conte Antonio Coppola: “Egli è stato da me compilato, si per obbedire a comandi dell’Illustrissimo Sig. Presidente Conte Don Antonio Coppola mio stimatissimo Patrone, come ancora per dargli certo pegno, ed argomento della mia servitù, che inalterabilmente gli ho professato, e professerò fino alle ceneri & c.”
Gabriele Longobardi fu “protomedico” del regno, ovvero medico principale di corte. Poche le notizie sulla sua brillante carriera che ebbe un’evoluzione straordinaria nel 1720, quando il regno di Napoli passò alla corona asburgica e il re Carlo VI lo chiamò a Vienna nominandolo “medico cubiculario” (medico privato della famiglia imperiale “di camera” dell’imperatrice vedova Amalia). Tenne la carica fino al 1730. L’Imperatore lo nominò altresì Prefetto della Biblioteca Reale, una delle più importanti d’Europa. Gabriele Longobardi si spense a Vienna nel 1746 a 82 anni. Le sue ceneri furono traslate a Castellammare nella cappella del nipote Pietro Agnello Longobardi, barone di Villa Nova nella chiesa del Gesù, dove è situato il suo bellissimo monumento in marmo di ottima fattura. (vedi foto)