San Catello in una Confraternita Jonica

Nella cultura cristiana le confraternite si diffondono a partire dal VIII sec.. La parola “Confraternita” deriva dalla voce latina frater – fratello che ha dato anche origine a fraternitas e confraternitas e alle parole italiane: fraternita, confratello e così via. Le confraternite, in buona sostanza, sono associazioni cristiane fondate allo scopo di suscitare l’aggregazione tra i fedeli, fratelli in Cristo, di esercitare opere di carità e di pietà e di incrementare il culto. In base alle loro finalità, nel corso dei secoli, si distinsero in confraternite di arti e mestieri, confraternite di devozione e confraternite di penitenti. Le prime, di ispirazione più segnatamente laica, orientate inizialmente come organizzazioni di categoria, si occuparono, in particolare, del benessere materiale degli appartenenti e contemporaneamente della loro salvezza spirituale. Fu così possibile attuare l’assistenza mutua tra i congregati nella spiritualità e nelle necessità materiali, nei casi di difficoltà economiche, nelle infermità, nella difesa dai soprusi e dalle prevaricazioni. Una confraternita appartenente alla “prima categoria”, se così possiamo definirla, nel lontano 1895 approdò sulle sponde dello Jonio. Fu fondata nella chiesa di San Francesco di Paola di Taranto, il 5 agosto del 1895, con un apposito decreto, dall’arcivescovo di Taranto Pietro Alfonso Jorio ed intitolata a Santa Maria di Piedigrotta, San Gennaro e San Catello. La fondazione fu fortemente voluta da alcuni operai del Regio Arsenale Militare Marittimo di Taranto, originari di Napoli e Castellammare di Stabia ed appunto per tale motivo il sodalizio fu intitolato alla Madonna di Piedigrotta, San Gennaro e San Catello. Tra gli scopi della fratellanza, in caso di morte vi era contemplata la sepoltura nella cappella gentilizia della confraternita per tutti i membri. Secondo lo statuto del 1895, alla confraternita potevano aderire coloro che erano di origine napoletana o stabiese e che per vari motivi vivevano a Taranto, l’aggregazione fu poi estesa anche ai tarantini. La confraternita celebrava con solennità la festa della Madonna di Piedigrotta, dei due santi patroni di Napoli e Castellammare di Stabia e partecipava alla processione di San Francesco di Paola. I confratelli portarono nella città, oltre al culto dei loro Santi patroni, anche alcuni canti popolari tant’è che ancora oggi a Taranto viene ballata una tarantella di origine partenopea e, nella vicina Grottaglie, un canto napoletano che è di buon auspicio alla mietitura. La confraternita originaria ebbe vita breve in quanto si esaurì subito dopo la Seconda guerra mondiale, a causa del periodo del fermo post-bellico dell’Arsenale e del ritorno a casa della maggior parte della comunità partenopea di Taranto. La Confraternita, però, qualche decennio fa è stata rifondata e trasferita nella chiesa di Sant’Agostino, sempre a Taranto. I confratelli indossavano un abito di rito diverso da quelli locali perché richiamanti la tradizione napoletana. I confratelli non portavano il cappuccio sul capo come nelle congreghe tarantine odierne, ma si legavano al collo un grande cappuccio con delle aperture per gli occhi, che pendeva dalle spalle. La mozzetta celeste era chiusa da un solo bottone nella parte superiore e recava cucito all’altezza del cuore un medaglione raffigurate i santi del sodalizio; la Madonna ed i due santi partenopei; sotto la mozzetta indossavano un camice bianco, una cintura di seta rossa, delle calze bianche e le scarpe nere.

A cura di Giuseppe Plaitano

Condividi articolo